Area generale di raccolta interventi.
I documenti del gruppo su trasgressione.net
Castello di sabbia
Antonio Catena 02-10-2008
Rabbia e sofferenza, da questo è formato il terreno dove porre le nuove fondamenta del mio castello. Non è un lavoro facile, si fa difficile e arduo il percorso che devo intraprendere per portare a termine il mio progetto, soprattutto se considero che alla base di questo vi si trova lo stesso terreno arido e instabile della vecchia struttura.
Bisogna scegliere con cura i mattoni per questo mio castello, devo dar loro spessore e metterli nella giusta posizione. Per far questo do a ciascuno di loro un nome. Per la base ci vogliono fondamenta ampie per dare il giusto valore e rendere la mia struttura solida: queste si chiamano amore e famiglia. Sulle fondamenta verranno posati gli altri mattoni: responsabilità, autostima, competenze, rispetto, relazione, fiducia…
Ma, mentre il castello prende forma e inizia ad avere un senso, ecco la bufera. La vedo in lontananza. Avanza con la forza distruttiva che io stesso nel passato le avevo permesso di guadagnare. Ma oggi su di essa non ho potere. Si avvicina, mi travolge, mi passa e si allontana.
Non vedo nulla, solo polvere e sabbia che lentamente vanno a posarsi. Dov’è il mio castello? Se l’è portato la bufera spazzando via le fondamenta, solo polvere e sabbia ne è rimasto, ma di queste era formato. Ora al suo posto rimane il deserto, quel terreno arido e instabile chiamato rabbia e sofferenza.
THE SAND-CASTLE by Antonio Catena (02-10-2008)
Anger and suffering shape the ground where I put dawn the new foundations of my castle. It’s not an easy work, the way to achieve my goal becomes harder and harder, especially if I consider that at its basis there’s the same dry and unstable ground of the past structure.
I have to choose the bricks of this castle carefully, I have to give them importance and put them in the right place. In order to do it I give a name to each of them. At the bottom I need wide foundations to give the right value and make my structure solid: these are called ‘love’ and ‘family’. Other bricks will be put down on the foundations: responsibility, self-esteem, abilities, respect, relation, trust…
But, while the castle grows and starts getting a sense, here is the storm. I can see it in the distance. It advances with the destructive strength I had let it to get in the past. But today I do not have any power on it. It comes up, I’m overcome by it, it passes off and goes away.
I can’t see anything, only dust and sand going and settling slowly. Where’s my castle? The storm has taken it sweeping away the foundations, only dust and sand left, but it was made of these. Now the desert remains in its place: that dry and unstable ground called anger and suffering.
(dallo scritto di Christian su Padre-madre-persecutore)
A quel punto continuai per la mia strada, una strada basata su illusioni e solitudine, per poi ritrovarmi a San Vittore. Ed ora qui in carcere che mi viene presentata l’opportunità di parlare con alcune persone che mi stimolano ad affrontare alcuni aspetti della mia personalità, riuscendo a lavorare su questi, con difficoltà e consapevolezza posso dire finalmente che sto acquisendo il potere più grande e bello che si possa avere e cioè quello su se stessi. E non come avveniva tra i miei genitori in cui uno esercitava violenza perché frustrato e l’altra invece perché nel suo volere essere succube cercava di erigersi verso la santità facendo in modo, purtroppo, di scaricare tutta quella confusione su noi figli.
Ciao a tutti.
Questa volta partecipo con una storiella non mia, la conosco da molto tempo e mi sono ricordato della stessa, adesso. leggiamola assieme;
"Un padre aveva un figlio particolarmente incline all'ira e molto sgarbato con le persone. Un giorno,non sapendo più come controllare l'ira del figlio, andò da lui con un sacchetto di chiodi e gli disse :"Vedi quello steccato laggiù? Ora, ogni volta che ti comporterai male con qualcuno, che gli mancherai di rispetto o che lo prenderai a pugni pianterai un chiodo in quello steccato." Il primo giorno il ragazzo piantò trenta chiodi. Il secondo giorno altri trenta. Il terzo giorno il padre vide lo steccato e gli disse:"Se continui così non avrai chiodi a sufficienza per questo mese, cerca di non essere così sgradevole con gli altri." Il quarto giorno il rgazzo piantò quindici chiodi. Dopo alcuni mesi il giovane si recò dal genitore e gli disse:"Sai sono due giorni che non pianto chiodi nello steccato." Il padre gli rispose:"Bravo. Ora però ogni volta che avrai una parola buona per qualcuno, farai un sorriso o ti scuserai con coloro ai quali hai mancato di rispetto togli un chiodo dallo steccato." Il primo giorno il ragazzo tolse un solo chiodo, il secondo tre e il terzo dieci chiodi. Dopo un po' di tempo il ragazzo andò dal padre:"Guarda ho tolto tutti i chiodi dallo steccato." Il padre lo condusse allo steccato e gli disse:"Bravo, figlio mio, però vedi quanti buchi ci sono sul legno. Ogni volta che tu offendi qualcuno è come se piantassi un chiodo nella sua pelle e ogni volta che fai ammenda è come se lo togliessi ma poi, come vedi , rimangono dei segni profondi. L'ideale è tentare di non piantare mai nessun chiodo."