Credo che il tema si presti tanto alla riflessione sistematica quanto all'invenzione creativa. Buon divertimento.
Ormai sentivo che dovevo operare una scelta. Le mie due nature avevano in comune la memoria, ma tutte le altre facoltà erano ripartite fra di loro in maniera estremamente diseguale. Jekyll, dotato di una natura composita, concepiva e condivideva i piaceri e le avventure di Hyde, ora con trepida ansia, ora con avida brama; ma Hyde non provava che indifferenza nei confronti di Jekyll e si ricordava di lui allo stesso modo in cui il brigante delle montagne si rammenta della caverna in cui va a rintanarsi quando è braccato. Jekyll mostrava molto più dell’apprensione paterna e Hyde molto più dell’indifferenza filiale. Mettermi dalla parte di Jekyll significava soffocare quegli appetiti alla cui soddisfazione m’ero votato in segreto e ai quali da ultimo avevo finito per indulgere anche troppo. Scegliere Hyde, invece, voleva dire ripudiare mille interessi e aspirazioni e diventare all’istante, e per sempre, un essere disprezzato e un escluso. La scelta poteva sembrare facile, ma c’era un’altra considerazione da mettere in bilancio, poiché, mentre Jekyll avrebbe sofferto le pene dell’inferno nella rinuncia, Hyde non si sarebbe nemmeno accorto di quanto avrebbe perduto.
Tutto è partito dallo scritto di un detenuto, Antonio Tango: La guerra dei due mondi
Il divertimento -come è scritto nelle pagine del sito- consiste nel cercare di intrecciare in modo creativo spunti che arrivano dalla psicologia, dalla letteratura, dalla pittura, dalla fotografia…
L'argomento riguarda coppie di opposti o di complementi atti a rappresentare le spinte contrapposte o complementari che sostengono il soggetto nella sua crescita o che la bloccano, che lo motivano a dialogare con se stesso o che lo distraggono da sé, che lo inducono a privilegiare il potere piuttosto che il suo stesso divenire.
Chiunque voglia contribuire al nostro gioco, non ha che da farsi avanti!
I contributi più ricchi e creativi verranno presentati al prossimo convegno che faremo in carcere.
Il FEDRO di Platone:
"Per Platone l'anima è una biga trainata da cavalli alati: essa è composta da tre elementi: un auriga e due cavalli. L'auriga impersonificava l'elemento razionale, mentre i cavalli quelli irrazionali: ciò significa che la nostra anima è per Platone costituita da elementi razionali ed irrazionali. Dei due cavalli, uno, di colore bianco, è un destriero da corsa ubbidiente e con spirito competitivo, l'altro, nero, è tozzo, recalcitrante ed incapace: compito dell'auriga è riuscire a dominarli grazie alla sua abilità e alla collaborazione del bianco. Il nero si ribella all'auriga (la ragione) e rappresenta le passioni più infime e basse,legate al corpo. Il bianco rappresenta le passioni spirituali,più elevate e sublimi. Significa che non tutti gli aspetti irrazionali sono negativi e che è comunque impossibile eliminarli:si possono solo controllare con la "metriopazia", la regolazione delle passioni. E' una metafora efficace perchè è vero che guida l'auriga, ma senza i cavalli la biga non si muove: significa che le passioni sono fondamentali per la vita."
Riporto il commento allo scritto di Antonio Tango fatto da Dimitar Georgiev, un membro storico del gruppo che oggi non vive più in Italia, ma che ha mantenuto il contatto con noi.
"Quanto e forte sto scritto, e molto importante parlare con se stessi e sentire l altra parte di noi, ma per poter scegliere cosa e giusto, forse serve aiuto da qualcuno chi voi bene e sa darti una mano, non e vergogna chiedere, se si chiede non si perde di strada, questo e una cosa di vita quotidiana, un saluto di vostro Dimitar vi voglio bene."
Mi accorsi che qualcosa non andava.
Guardai attentamente il riflesso nello specchio e per un momento ebbi la netta sensazione di non riconoscere la mia immagine.
C’era un’espressione severa e allo stesso tempo sorniona che mi fissava intensamente.
Una forza sconosciuta la animò improvvisamente, e disse: «Vuoi morire o vuoi deciderti ad ascoltarmi? La scelta è soltanto tua.»
Come una pugnalata dritta fino alle corde dell’anima si aprì uno squarcio dentro di me e per un tempo che mi sembrò interminabile chiusi gli occhi come per difendermi dal dolore acuto che era stato liberato.
Quando li riaprii un sorriso si fece largo sul mio volto e io tesi una mano verso lo specchio: «Vieni, hai molto da raccontarmi. Ti ho ignorato troppo a lungo.»
Qualcosa di invisibile aveva fatto scattare i chiavistelli arrugginiti di una prigione altrettanto impalpabile, e le due immagini in quel momento si toccarono.
Avrebbero condiviso molto, da quel giorno.
Elena, hai centrato in pieno l'argomento di oggi al gruppo!
C'era Zuffi e il prof ha introdotto la giornata più o meno così: Il dialogo di Antonio Tango permette ad ognuno di confrontarsi con la propria esperienza e di riflettere sulle circostanze e sulle dinamiche per cui si produce e può evolvere il doppio…
- Una persona non riesce ad agire sulla realtà.
- Dentro di sé si produce una spaccatura (la fragilità viene soffocata, l'arroganza prende spazio).
- Questa spaccatura blocca la possibilità di evoluzione.
- La persona vive l'esigenza di recuperare l'unione delle due parti.
- Il progetto, ovvero la propria evoluzione, è il perno attorno cui ruota la ricostruzione.
- Il ricompattamento della persona riattiva il tempo e permette alla storia di ripartire.
Mi sembra che le tue parole, nel tempo di un respiro, parlino della tua esperienza e sintetizzino in modo poetico la dinamica del doppio.
Incredibile! Per un attimo ho pensato di averti raccontato al telefono dell'incontro di oggi, invece abbiamo parlato d'altro, certo che questa sintonia e sincronia è sorprendente!
Ciao
Riporto il contenuto di una mail spedita qualche giorno fa dal Prof (Juri) per non perderne la preziosità dei significati e la poeticità delle parole…
"Oggi anche a Opera c’è stato un gran bel gruppo.E’ stato aperto il tema del doppio.
E’ difficile il tema, vengono fuori tanti malintesi. Ma ho avuto la possibilità di evidenziarne aspetti significativi e gustosi anche per me. Purtroppo non ho tempo di scriverli e mi dispiace che non ci fosse nessuno di voi a raccoglierli. Comunque ho parlato del doppio come di:
- uno strumento per fermare il tempo e concedersi l’illusione di vivere nella dimensione dell’eternità. Un doppio col quale si tenta di accedere all’infinito e che poi, però, diventa persecutore della parte che si affanna a vivere nella storia;
- e, dall’altra parte, uno strumento (il compagno segreto) per recuperare l’unità di un soggetto “condannato” al privilegio:
- di vivere nella realtà finita, la realtà della storia, l’unica realtà nella quale si diviene, si cresce, si porta avanti il progetto che ci anima come individui, come specie, come elementi della multiforme realtà del mondo;
- e contemporaneamente, di rappresentare a se stesso e agli altri la nostalgia di una realtà infinita, mai effettivamente conosciuta, e che, tuttavia, per la “nostalgia” che ne abbiamo, ci permette di evolverci continuamente.
Insomma, trovo un divertente paradosso il fatto che l’uomo, mentre insegue l’infinito, cresce e diventa se stesso nella realtà finita.
D’altra parte è sempre presente il rischio di cedere alla seduzione dell’illusione onnipotente e, allo stesso tempo, invalidante (perché disincentiva l’impegno e il rinnovamento personale).
Insomma, mani alla zappa e occhi al cielo."
Passaggi del Gruppo di Opera del 24-06-09
A proposito del DOPPIO…
GUALTIERO: Il doppio che c’è in me ha fatto in modo che io non riuscissi ad uscire dalla normalità in modo normale.
Ho sempre vissuto due vite che scorrevano parallele: l’una rispondente alla mia parte onesta e luminosa, l’altra a quella ostile ed oscura. Quando mi trovavo a vivere la quotidianità del mio lavoro e delle mie relazioni, accadeva che mi sentissi a disagio con me stesso; sopportavo con fatica il peso delle responsabilità che quelle posizioni esigevano. Al contrario, la conduzione dell’altra vita, quella nascosta e al di fuori della legge, richiedeva responsabilità minori e derogabili, meno vincolanti e sempre con una via d’uscita.
In questo modo, il mio doppio mi ha dato la possibilità di seguire una scorciatoia che bruciasse le distanze che in una vita normale ci sono tra gli obiettivi che si desiderano e il percorso necessario per ottenerli. Ho scelto questo giro corto perché mi mancava il coraggio e la forza di accettare la normale quotidianità del mio essere finito.
TURCI: La quotidianità dei giorni e della vita non ti fa toccare il cielo con un dito, non ti fa diventare il Dio onnipotente, e spesso ti fa sentire male con te stesso. Diversamente da Dio, l’uomo ha bisogno di tutta la sua vita per costruire il suo paradiso. Ma dare ascolto alla parte cattiva che ha sete di infinito, non ti permette di coltivare e di conservare i beni e le relazioni con le persone che amiamo e che per noi sono davvero importanti.
DIEGO: Il desiderio di onnipotenza è insito nell’uomo. Chi fa una scoperta scientifica, l’atleta che vince una competizione, il musicista che compone una melodia e tutte quelle persone che senza violare la legge sono in grado di uscire dal loro iniziale stato di normalità in modo normale, provano comunque sensazioni di delirio e ottengono grandi soddisfazioni di fronte alle mete raggiunte.
Anch’io dai tredici ai sedici anni avevo un sogno: quello di diventare da grande un calciatore. Avevo buone potenzialità fisiche e mi allenavo con costanza per migliorarmi e coltivare il mio sogno. Ma poi ho interrotto questo percorso. Ho abbandonato il mio sogno e ho iniziato la malavita.
APARO: Quale relazione c’è tra la quotidianità che ti fa sentire un uomo schiacciato, e la dimenticanza delle risorse e delle potenzialità che ognuno di noi ha dentro di sé e che ti permettono di divenire evolvendoti?
A questo riguardo, si può provare a ritornare alla memoria del nostro desiderio di infinito (o alla memoria della nostra immagine di futuro) per ricordare cosa da piccoli aspiravamo a diventare da grandi. E per recuperare quella volontà e quei sentimenti che avevamo nel conseguire i nostri obiettivi e nell’esistere il divenire normale della nostra finitudine.